SAHARA OCCIDENTALE SENZA PACE
 

Nel mese di novembre si è riacceso il conflitto tra il Marocco e il Fronte Polisario per l’annoso problema dell’ex-colonia spagnola nel Sahara, incuneata tra Marocco, Algeria e Mauritania. Gli scontri, considerati i più violenti dopo la guerra con l’Algeria nel 1991, hanno opposto l’8 novembre i Sahrawi (indipendentisti) alle forze militari marocchine a El-Aïoun (o Lâayoune), capoluogo di questo immenso territorio desertico di 266.000 km2. Un deserto ricco di fosfati (la miniera a cielo aperto di Bou Craa è collegata con un nastro trasportatore di un centinaio di chilometri al porto di Lâayoune), forse di petrolio, e affacciato su un oceano molto pescoso.

Circa un mese prima era sorto alla periferia della città un accampamento sahrawi per una “contestazione pacifica” di protesta contro le loro condizioni di vita: circa 7.000 tende e 12.000 persone, secondo ONG in loco. Ma Rabat, lontana 1200 km, ha cercato di spegnere la contestazione proponendo appezzamenti di terreno e aiuti mensili di 150 euro per le famiglie più povere. L’offerta è stata rifiutata dal comitato di organizzazione dell’accampamento, che voleva una soluzione più globale. Una provocazione secondo il Marocco. Così l’esercito, dopo aver sorvolato la zona in elicottero e invitato donne e bambini a lasciare il campo, mettendo a loro disposizione automezzi di trasporto, avrebbe usato dei cannoni ad acqua per disperdere la popolazione. La contestazione e gli incidenti si sono poi ripetuti in città.

Il Polisario invece accusa i militari di aver sparato “con veri proiettili”, uccidendo un giovane di 26 anni e ferendo “centinaia di persone”; in totale 11 morti, 723  feriti e 150  dispersi.  Il bilancio ufficiale invece parla di 9 morti, di cui 8 tra i militari. E secondo Algeri, che appoggia la RASD (République arabe sahraouie démocratique) e quindi il Polisario, ci sarebbero stati 4500 feriti e decine di morti.

Per gli indipendentisti, l’attacco sarebbe un “atto deliberato del Marocco” per sabotare i negoziati previsti alle Nazioni Unite, che sono effettivamente iniziati una settimana dopo, ma senza alcun risultato. Il 16 novembre in effetti  l’ONU ha ribadito lo statu quo, anzi ha deplorato “gli atti di violenza dell’8 novembre nell’accampamento Gdeim Izik a Lâayoune da parte di bande armate e criminali del Polisario”.

Una seconda riunione informale ha avuto luogo mercoledì 24 novembre a Armonk (vicino a New York) per un quinto round di negoziati al fine di trovare una soluzione politica definitiva. Niente di fatto. Il Marocco respinge un’inchiesta dell’ONU sulle violenze dell’8 novembre e ritiene che la missione Minurso non abbia competenza in materia di diritti umani. Anzi, in un’intervista pubblicata da “El Pais”, il capo della diplomazia marocchina Taib Fassi Fihri aggiunge che si recherà il 1° dicembre al Parlamento europeo per “dimostrare il carattere parziale, ingiusto e disequilibrato della risoluzione” e respinge qualsiasi accusa di torture e sparizioni di Sahrawi dopo che alcune testimonianze in questo senso erano state pubblicate da giornali spagnoli.

Il problema aspetta da 35 anni una soluzione, in quanto lo statuto del territorio non è mai stato definito dal diritto internazionale. Una situazione tra la guerra e la pace, dannosa soprattutto per i Sahrawi, che chiedono l’indipendenza e reclamano il diritto a lavoro, alloggio, dignità e libertà di parola. Dopo gli scontri, il leader del Fronte Polisario, Mohamed Abdelaziz, ha chiesto al segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, l'invio di una missione Onu per proteggere i civili sahrawi che vivono nella parte del  Sahara amministrata dal Marocco e ''per garantire la sicurezza e i diritti dei cittadini sahrawi davanti alla brutalità e violenza delle forze d'occupazione marocchine''.

 

In effetti un vero e proprio muro nel deserto, costruito dal Marocco e iniziato nel 1982, corre da nord-est a sud-ovest (2720 km edificati in varie fasi) e separa questa zona dal rimanente territorio, occupato dal Polisario e confinante con Algeria e Mauritania. Quindi il Sahara Occidentale è controllato, di fatto, per l’80% (la parte utile) da Rabat fin dal 1975. Con la famosa “Marche verte” del 6 novembre, il re Hassan II chiedeva  la decolonizzazione di Rio de Oro e Seguiet el-Ahmra dalla Spagna, e il ricongiungimento al Marocco, in base alla situazione preesistente alla colonizzazione. Ma molti abitanti lasciarono il territorio e si rifugiarono in Algeria, nell’accampamento di Tindouf.

Alla morte di Hassan II (che ha regnato dal 1961 al 1999), il figlio Mohamed VI ha introdotto una “monarchia illuminata”, ma ha sempre evitato il referendum di autodeterminazione proposto dall’ONU che, nel 1991, aveva creato la Minurso (Missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione di un referendum nel Sahara occidentale) per sorvegliare il cessate il fuoco tra Polisario e Marocco, identificare gli aventi diritto al voto, preparare la consultazione popolare. Operazioni che sono sempre state rimandate. Ora, il 30 aprile 2010, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha deciso all’unanimità di prolungare ancora di un anno la missione e di non inviare i caschi blu nel territorio. Anche se Amnesty International e Human Rights Watch denunciano la violazione dei diritti umani. E i disordini si sarebbero estesi anche a Smara (240 km a l'est di Lâayoune, 1200 km a sud-ovest di Rabat), dove, secondo Ibrahim Ghali, ambasciatore ad Algeri della RASD, i militari e i poliziotti marocchini “continuano ad attaccare i nazionalisti sahrawi”.

Secondo il giornalista svedese Aron Lund, è ancora lontana una svolta significativa, e l’ONU non ha interesse a prendere posizione né per il Marocco, appoggiato dalla Francia, né per il Polisario, appoggiato dall’Algeria. E gli Stati Uniti non hanno intenzione di inimicarsi nessuno di questi paesi. Quanto alla Spagna, ha chiesto “urgenti spiegazioni” al Marocco sulle violenze che hanno seguito lo sgombero dell’accampamento sahrawi. Dal canto suo Rabat intende chiedere alla Spagna il ritiro immediato dai territori marocchini che occupa militarmente fin dal XV secolo, principalmente le enclavi di Ceuta e Melilla, ma anche le isole Chafarinas, Peñones, Velez de la Gomera, Alhucemas, Peregil.

Rielaborazione di MCG da varie fonti, tra cui AFP e Le Monde per l’attualità, e Attilio Gaudio per le altre informazioni

 

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L’esercito marocchino occupa l’accampamento sahrawi Gdeim Izik, vicino a Lâayoune, nel Sahara occidentale,8 novembre 2010 (Foto AFP)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scontri tra Sahrawi e militari marocchini, l’8 novembre 2010, alle porte di Lâayoune, nel Sahara occidentale  (Photo AFP, ripresa dalla televisione marocchina)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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